Uzbekistan in bici: Epic MTB Tour fra montagne e deserto in zone remote dell’Asia Centrale

  • Periodo: 4 – 16 agosto 2019
  • Sponsor del viaggio: VELORUM MILANO
  • Biker: Marco Mendini, Riccardo Tempo, Marcello Vaglia

Il Registan di Samarcanda di notte, i trail di pietre e sabbia a Sintab, il fortissimo vento nel deserto di Aral e la gentilezza della popolazione rappresentano alcune delle facce del nostro meraviglioso viaggio nel lontano Uzbekistan. Dopo avere pedalato nella magica Islanda e nella selvaggia Georgia, i miei due compagni d’avventura Marcello Vaglia e Marco Mendini hanno puntato il dito sull’Asia Centrale, scegliendo proprio l’Uzbekistan. Per quale motivo? Perché la storia di questa nazione ha un fascino irresistibile a partire dalla fiabesca Samarcanda, un tempo centro nevralgico sulla Via della Seta e oggi meta turistica molto apprezzata in tutto il mondo.

E poi ancora troviamo Bukhara, Khiva, la catastrofe naturale riguardante il lago di Aral e diversi spettacolari itinerari su cui divertirsi in mountain bike. Una volta decisa la meta, il mio vecchio amico Marcello mi ha contattato per chiedermi se volessi essere della partita e io non ho avuto alcun dubbio. Ho 32 anni, amo viaggiare e apprendere novità, sono in un buono stato di forma … quale migliore occasione di questa avrei potuto cogliere al volo? Così, dopo averne discusso più volte al telefono, ci siamo ritrovati una sera a Milano e abbiamo tracciato un primo serio abbozzo di itinerario. Poi abbiamo comprato le ultime cose utili e imballato per bene le mtb all’interno dei poderosi cartoni prestati gentilmente da alcuni amici. Il pomeriggio del 4 agosto siamo finalmente partiti per l’aeroporto di Malpensa e alle 20.30 il nostro aereo della compagnia Uzbekistan Airways è decollato. Poche ore ancora e l’inizio di questa epica avventura sarebbe cominciato!

Preparazione al viaggio: imballaggio bici e prenotazione jeep

La preparazione al viaggio è stata minuziosa, vista soprattutto l’esperienza di Marcello e Marco a tal riguardo. Partiamo innanzitutto dalle biciclette. Abbiamo deciso di portare le nostre mtb dall’Italia ma, come alcuni di voi sapranno, in questo caso si corre il serio rischio di danneggiamento durante il volo. Ricordo ancora bene, a tal proposito, un video di qualche anno fa in cui Vittorio Brumotti mostrava i danni subiti dalla sua bici al termine di un volo aereo. Con pluriball e scotch a manetta abbiamo iniziato a smontare la bici: via sella, pedali, manubrio, cambio e ruota anteriore con gomme e ammortizzatore sgonfiati. Poi dosi ingenti di pluriball e scotch a coprire tutti i componenti e quindi tutto dentro nel cartone. Il nostro biglietto prevedeva un bagaglio a mano di 10 kg più un bagaglio da stiva “oversized” da 30 kg in cui, oltre alle mtb, abbiamo messo gli accessori da camping, i caschi, le scarpette e qualche altra cosa.

Un’altra tappa fondamentale ha coinciso con la prenotazione della jeep, ovvero la nostra seconda casa durante quei giorni. Studiando un po’ la situazione dei prezzi sul web e chiedendo lumi sull’affidabilità dei “Rental Car” di Tashkent a un conoscente uzbeko, abbiamo optato per una solida Toyota Prado 150 Land Cruiser, grazie a cui non avremmo poi avuto alcun problema né sulle disastrate strade settentrionali né tra le dune del deserto di Aral (Aralkum).

Bike Tour in Uzbekistan: l’itinerario

Ecco qui il nostro itinerario:

Tashkent – Beldersay – Chimgan Mountains – Charvak Lake – Samarcanda – Bukhara – Khiva – Turtkul (Guldursun Qala) – Moynaq – Aralkum (deserto di Aral) con nottata in Yurta Camping – Lago di Aral – Nukus – Aydar Kol (Lake) – Sintab – Tashkent

Uzbekistan Tour – Giorno 1: Tashkent

Il 5 agosto, verso mezzogiorno, siamo sbarcati nella capitale Tashkent dopo avere fatto scalo a Urgench. Città fondata nel 750 dC dagli Arabi e popolata da circa 2.400.000 abitanti, presenta un centro elegante e ordinato in cui campeggia la statua dell’eroe nazionale Tamerlano (1336 – 1405).

Durante queste prime ore in terra uzbeka, abbiamo prima ritirato la jeep e poi ci siamo diretti verso l’alloggio prenotato online dall’Italia. Tra mille vicissitudini, siamo finalmente riusciti a cenare per poi concludere la serata in un bel locale del centro davanti al primo e ultimo drink “pettinato” di tutto il viaggio. Già la notte successiva sarebbe stata un po’ più wild …

Giorno 2: Beldersay, Yurta Camping e freni ko

Dopo colazione, ci siamo spostati in jeep verso la zona del parco naturale di Chimgan per raggiungere il Beldersay Ski Resort. Prima di arrivare là, abbiamo però sostato un attimo a Gazal’kent in modo da rifornirci di acqua e cibo presso un mercatino. In tutto, sosta compresa, abbiamo guidato per poco più di due ore. Una volta giunti al Beldersay Ski Resort, abbiamo montato le mtb, caricato la sacca idrica e chiesto qualche indicazione supplettiva a un local. Alla fine, dopo aver fatto un bel pezzo di salita, abbiamo preferito scendere verso la seggiovia e risalire in questo modo verso la cima.

Arrivati in vetta, Marco si è purtroppo reso conto di avere i freni ko ed è dovuto ridiscendere in seggiovia. Io e Marcello abbiamo invece proseguito, prendendo ahimé il trail indicato dal ragazzo responsabile del parco. Le prime centinaia di metri erano una pietraia pazzesca, su cui era impossibile restare in piedi sia in sella alla mtb sia spingendo a mano. Almeno dopo, il sentiero è migliorato e alcuni tratti sono stati molto belli. Terminata la discesa, Marco ci ha accompagnati allo Yurta Camping sulla strada per Chimgan per poi volare dall’amico meccanico di Tashkent a far aggiustare i freni.

Giorno 3: Little Chimgan e notte a Charvak Lake

Uno spettacolare sole ha accolto il nostro risveglio presso lo Yurta Camping. Dopodiché, speranzosi di ricevere buone notizie da Marco, abbiamo inforcato le nostre mountain bike per tornare alla seggiovia di Beldersay. Volendo evitare l’asfalto a ogni costo, ci siamo infilati in alcune stradine laterali nella speranza di scovare un bel sentiero sterrato ma … niente da fare. Quindi, dopo due fallimenti, abbiamo optato per lo stradone principale senza però rinunciare a un po’ di sano freeride. In mezzo a una folla incuriosita per la nostra presenza e soprattutto per quelle bici così fiammanti, abbiamo dovuto attendere circa un’ora prima di partire. Mentre il dì precedente ci avevano fatto salire singolarmente, in questo caso ci hanno “invitato” a salire assieme e … almeno abbiamo potuto chiacchierare senza alcun problema. Scesi dalla seggiovia, siamo risaliti fino alla vetta della montagna per poi scendere da trail differenti rispetto a quelli del giorno prima. Nel frattempo il bravo meccanico di Tashkent aveva riparato i freni della Yeti di Marco, il quale è venuto a prenderci proprio alla partenza della seggiovia. Durante la discesa abbiamo incontrato una famiglia di poverissimi pastori in mezzo al nulla, mentre qualche minuto dopo abbiamo scambiato due parole con un signore rimasto ai tempi dei figli dei fiori. Scene incredibili!!

Il pomeriggio è stato invece dedicato a Little Chimgan (2.097 m) ma, stavolta, l’inconveniente tecnico è capitato a me e quindi sono dovuto risalire in auto per cercare un alloggio dalle parti di Charvak Lake mentre i due amici stavano pedalando verso la cima della montagna. La coppia mi ha raggiunto al lago verso le 21.30 ed ecco qui il resoconto della loro giornata dalle parole di Marcello:

Oh, incredibile! Quando abbiamo chiesto info per il Little Chimgan, nessuno voleva credere che andassimo in bici e in effetti è stata davvero tosta! In salita abbiamo fatto oltre mezz’ora di portaggio in spalla e anche in discesa è stato pazzesco! Da lassù non hai idea di che panorama si possa ammirare … spaziale!

Abbiamo infine cenato molto bene presso un ristorante di Yusufhona e poi dormito al camping di Charvak Lake.

Giorno 4: Samarcanda da Mille e una Notte

Con l’arrivo a Samarcanda è iniziato il nostro tour culturale sulla strada della Via della Seta. D’ora in poi, dunque, niente bici per qualche giorno. Giunti nell’antica città verso le otto di sera, siamo subito rimasti colpiti da alcune luci e quindi abbiamo posteggiato la jeep e ci siamo diretti verso questi abbaglianti colori.

A quel punto, con nostra grande meraviglia, ci siamo trovati davanti al Registan, una delle costruzioni più suggestive al mondo. Oggi patrimonio UNESCO, la piazza del Registan è incorniciata da tre splendide madrase, cioè le antiche scuole islamiche di cui pullula quella parte di Uzbekistan. Ammirare il Registan illuminato di notte, durante le prove di uno spettacolo musicale, non ha prezzo ed è stata un’emozione incredibile! Il giorno dopo, oltre alla visita alle tre madrase del Registan (Ulugh Beg, Tilya Kori e Cher-Dor), siamo stati alla necropoli di Shah-i-Zinda e ai mausolei di Rukhobod e Gur-e-Amir. E poi … via verso Bukhara.

Giorno 5: Bukhara

Dopo alcune ore di viaggio in jeep, abbiamo finalmente messo piede a Bukhara. Ormai era sera e siamo dunque rimasti nel centro storico (e turistico), all’interno del complesso di Lyab-i-Hauz. Il giorno seguente ci siamo spostati invece verso la spettacolare zona della Moschea Maghoki-Attar che, essendo stata eretta nel IX secolo, risulta la più antica di tutta l’Asia Centrale.

Infine, prima di raggiungere il vecchio bazar, abbiamo visitato i musei dell’Ark (fortezza) di Bukhara. Proprio sul bazar vorrei soffermarmi un secondo. Ognuno di noi ha acquistato una o più varietà particolari di tè oltre ad avere assaggiato diverse prelibatezze locali dolci e salate alle varie bancarelle. A un certo punto siamo entrati in un piccolo locale e abbiamo gustato buonissime polpette di carne accompagnate da una sorta di frittelle di patate. Vi assicuro … ne è valsa la pena!

Giorno 6: Khiva e le antichissime Qala

Dopo diverse ore di viaggio su strade abbastanza dissestate, siamo arrivati nella rovente Khiva. Antica capitale della Corasmia, si trova al confine con il Turkmenistan ed è celebre per i monumenti storici situati nella zona fortificata detta “Itchan Kala“. Su tutti svetta il minareto Kalta Minor, mai concluso dopo la morte del Khan Mohammed Amin nel 1855. Nei mercatini di Khiva presenti proprio a Itchan Kala abbiamo trovato sete pregiate e alcuni souvenir di buon gusto. Da qui abbiamo fatto rotta verso Turtkul, dove abbiamo festeggiato il compleanno di Marco a suon di deliziosi shashlik (spiedini) di montone e meloni a volontà.

Non posso raccontare proprio tutto … ma vi assicuro come qui sia iniziato ufficialmente il lato wild della nostra vacanza e la mattina successiva abbiamo visitato le fortezze di Guldursun Qala (cittadella delle aquile) e di Qoyqirilgan Qala prima di ripartire alla volta di Moynaq, l’ultimo avamposto prima dell’Aralkum (o deserto di Aral).

Giorno 7: arrivo a Moynaq, la piccola Las Vegas

Leggendo su Internet ci eravamo fatti l’idea che Moynaq fosse una città fantasma nel bel mezzo del deserto, quasi completamente abbandonata in seguito alla catastrofe ecologica del lago di Aral. Invece, con grande orgoglio dei suoi abitanti, viene denominata “La piccola Las Vegas” in merito ad alcuni recenti investimenti governativi tesi a rendere la cittadina più appetibile ai “nuovi turisti” del luogo.

Devastato il bacino lacustre e morta l’attività legata alla pesca, questa parte di Karakalpakstan si distingue oggi per la presenza di multinazionali dedite all’estrazione di gas naturale, di cui il sottosuolo dell’Aralkum è ricchissimo. Nel 2006, a tal proposito, il governo uzbeko ha firmato un contratto con Petronas, LukOIL, China National Petroleum Corporation e Uzbekneftegaz. A Moynaq ci sono perciò svariati cantieri aperti da cui dovrebbero nascere casinò, nuove abitazioni e tanto altro ancora. Per ora resta ancora un paesello, ma nell’arco di qualche anno potrebbe non essere più così. Noi, dopo cena (qui cucinano anche hamburger e hot dog …), ci siamo subito coricati con il fortissimo rumore del vento come sottofondo e siamo sprofondati tra le braccia di Morfeo in un istante dallo sfinimento.

Giorno 8: giornata pazzesca! Aralkum in bici, Yurta Camping nel deserto e nuovi amici italiani

La volontà di attraversare l’Aralkum (deserto di Aral) e vedere con i nostri occhi ciò che rimane del lago era fortissima, ma sapevamo che avremmo dovuto seguire qualche carovana turistica per evitare di perderci. Così, girando un po’ a vuoto per Moynaq, abbiamo scorto a un certo punto un pullman fermo su cui campeggiava la scritta “Aral Sea Tour” e abbiamo chiesto informazioni al guidatore. Questi, dopo una fruttuosa chiacchierata, ci ha dato appuntamento alle 15 presso l’Aral Sea Memorials, luogo in cui sei arrugginite imbarcazioni nella sabbia ricordano tristemente gli antichi fasti del lago. Qui abbiamo velocemente pranzato presso il Cafè Moynaq e finalmente siamo partiti all’orario convenuto.

Seguendo una loro jeep, da Moynaq abbiamo prima raggiunto il villaggio di Tokmak e poi ci siamo addentrati nel surreale panorama del deserto. Dopo un paio di ore abbiamo superato il cosiddetto “plateau” e io e Marco, nonostante il terribile vento, abbiamo inforcato le nostre mtb in direzione “Aral Yurta Camping“. Un grande applauso a Marcello che, pur avendo una febbre da cavallo, è riuscito a scortarci in jeep e a segnalarci la giusta rotta nel tratto finale quando era ormai calato il buio. Ammetto di non avere mai pedalato con un vento di tale intensità in tutta la mia vita e i circa 50 km di saliscendi nella sabbia sono sembrati molto più lunghi.

In ogni caso, come poi ci avrebbe confermato il direttore del camping, Marco è stato il primo nella storia a raggiungere lo Yurta camping di Aral in sella a una bici. Stremati ma felici, abbiamo quindi cenato con la guida “Giuseppe”, il suo staff e un gruppo di simpaticissimi ragazzi italiani, a loro volta appassionati viaggiatori. E poi … tutti a nanna nelle più belle yurta dell’Uzbekistan con un magnifico cielo stellato sopra le antiche capanne di origine mongola.

Giorno 9: i Flamingo di Aral e 24h incredibili in auto fino ad Aydar Kol

Alle 8 siamo ripartiti verso il lago di Aral e lì abbiamo avuto l’opportunità di effettuare un giro sulla spiaggia in sella a un vecchio sidecar. Marco si è messo alla guida con me, Marcello e due dei ragazzi italiani conosciuti la sera prima – Carlotta e Ruggero – seduti al suo fianco. Abbiamo potuto ammirare, nonostante l’estrema desolazione di questa terra remota, un incredibile scorcio di vita grazie alla presenza di uno stormo di flamingo (fenicotteri rosa).

Da qui, passando per un villaggio chiamato dalle guide “Station nr. 7”, siamo giunti a Nukus dove abbiamo pranzato assieme ai nostri nuovi amici italiani e alle guide prima di salutarli e dirigerci verso altri lidi inimmaginabili. Chi avrebbe infatti pensato in quel momento di vivere la magia di Aydar Kol e Sintab piuttosto che la triste solitudine della strada 4P180? Nessuno, credo. Però eravamo ormai abituati a continui colpi di scena e, più che sorprenderci, avevamo imparato ad affrontarli con serenità e spirito di avventura. Il nuovo obiettivo del viaggio consisteva nel raggiungimento del lago Aydar Kol, per cui eravamo consapevoli di dover macinare ore e ore sulla jeep. Abbiamo dunque attivato subito Google Maps e questo ci ha inviati alla strada 4P180, rassicurandoci sul fatto che non avremmo impiegato più di dieci ore e invece … avremmo potuto tuffarci nelle limpide acque lacustri solo dopo ventiquattro estenuanti ore!

I 60 km trascorsi sulla 4P180 hanno per noi rappresentato una esperienza quasi “mistica”, su una strada probabilmente in disuso dai tempi della caduta dell’Unione Sovietica. Situata in una zona desertica totalmente abbandonata a Nord della nazione, presenta buche profonde e addirittura voragini in continuazione. Fortunatamente abbiamo trovato una svolta a destra dopo circa 60 km (percorsi in oltre due ore) e, nonostante Marcello volesse continuare ad andare dritto verso Uchquduq, alla fine abbiamo intelligentemente ripreso la strada principale a Sud. Nei pressi di Navoiy, un po’ dopo rispetto a Bukhara, abbiamo deviato verso Nord raggiungendo così il meraviglioso bacino di Aydar Kol all’incirca ventiquattro ore dopo la partenza dallo Yurta Camping di Aral.

Giorno 10: bagno ad Aydar Kol e arrivo a Sintab

Una volta giunti ad Aydar Kol, abbiamo subito parcheggiato la jeep e ci siamo immersi nelle acque del lago per un rigenerante “bagno” fresco. Abbiamo quindi passeggiato lungo la spiaggia e scoperto una varietà naturale estremamente importante. Penso che un posto del genere possa essere perfetto per un appassionato di birdwatching. Al contrario di Aral, qui c’è dunque tantissima vita, al punto che è stato elencato come zona importante per la conservazione degli uccelli dalla “Convenzione di Ramsar”. Rientrati in auto, un gruppetto di persone si è avvicinato a noi e, dopo averci gentilmente dato un tozzo di pane a testa, ci ha consigliato di andare a Sintab presso il loro albergo “Manzarahoi Sentob Hostel” e noi così abbiamo fatto.

Dal lago abbiamo preso una stradina circondata dal deserto, in cui siamo stati accolti da diversi tornado di lieve entità nonché da aquile e diversi altri rapaci. Poi, arrivati al cartello di ingresso al paese, ci siamo inerpicati su per uno stretto vialetto collinare e quindi abbiamo raggiunto il villaggio. Grazie all’app Maps.me siamo giunti fino al “college” posto in un piazzale a poche decine di metri dal Manzarahoi. A causa della mancanza di cartelli, non lo abbiamo però trovato e abbiamo dunque ripiegato per pranzo e per la lunga siesta pomeridiana sulla guest house Obi Chasma. Abbiamo quindi cercato di raggiungere di nuovo il Manzarahoi e, proprio quando eravamo sul punto di arrenderci, abbiamo incontrato una delle persone conosciute in riva al lago lungo la mattina e questi ci ha portati fino alla struttura alberghiera. Dal piazzale del “college” sarebbe bastato seguire un ombroso sentiero sulla sinistra e da lì saremmo giunti in pochi secondi a destinazione. Passando oltre, siamo stati trattati da re per un giorno intero dalla famiglia di Jahongir e abbiamo senz’ombra di dubbio mangiato il miglior plov (riso con carne di montone e verdure) di tutto il viaggio. Inoltre le stanze sono molto accoglienti e la piscina esterna completa l’offerta di questo hotel. Noi però, per proseguire questo tour in un’ottica wild, abbiamo preferito trascorrere la notte all’aperto dormendo sul “tapchan” (tavolone in legno su cui vengono distese coperte a volontà) in giardino.

Giorno 11: Epic MTB Tour e rientro a Tashkent

Al risveglio ci siamo subito detti: “Oggi è l’ultimo grande giorno in bici!”, e così è stato. Dopo una gustosa e abbondante colazione offerta dai ragazzi del Manzarahoi, ci siamo diretti verso le montagne seguendo l’unico sentiero in quella direzione. Da qui, tra un guado e l’altro, abbiamo raggiunto una casupola in legno dove quattro uomini anziani del posto ci hanno spiegato come lì siano tutti di etnia tagika e che da quelle zone sia addirittura transitato Alessandro Magno. Ripartiti dopo qualche minuto di piacevole chiacchierata, siamo stati costretti a proseguire il giro scendendo dalle bici a causa del mix di pendenze impossibili e terreno sconnesso.

Abbiamo dunque spinto le mountain bike a mano per un’ora e, con i polpacci a fuoco (parlo almeno per me), siamo giunti su una spianata spazzata da un forte vento. Lì, purtroppo, un problema al freno anteriore mi ha costretto a rientrare mentre gli altri due hanno proseguito fino alla vetta della montagna pedalando per circa 6/7 km su pendenze non particolarmente severe. Lì, tra una vicissitudine e l’altra, hanno incontrato un gruppo di persone da cui sono stati invitati a pranzo. A tal proposito, ecco il racconto di Marcello:

A un certo punto della salita abbiamo visto uno strano furgone e ci siamo fatti l’idea che quella potesse essere una zona militare, visto che sapevamo inoltre dal GPS di essere vicini al confine. Salendo ancora un po’, abbiamo incontrato alcune persone, da cui siamo stati invitati a pranzo all’interno del loro camper. Non abbiamo capito bene se fossero geologi o tecnici ma, in ogni caso, si occupavano di geologia e ci hanno addirittura mostrato i ferri del mestiere. Una cosa incredibile! Il cibo non era poi così male a abbiamo fatto il bis. Quando siamo ripartiti, erano molto dispiaciuti e penso che ci avrebbero voluti lì anche a cena.

Sono quindi arrivato io per primo al Manzarahoi con circa tre ore di anticipo sui due compagni di avventura e, al mio rientro, i ragazzi dell’hotel mi hanno mostrato con orgoglio di avere ripulito perfettamente la jeep dalla sabbia. Ci hanno poi invitati a fare un tuffo in piscina, sparando nel frattempo a tutto volume la canzone “Medusa” di Matrang, un cantante conosciuto principalmente in Russia e divenuto la colonna sonora ufficiale del nostro viaggio. Salutata la famiglia di Jahongir, abbiamo affrontato ancora qualche ora di auto attraversando la città di Gulistan e fermandoci a circa 40 km da Tashkent per dormire.

Giorno 12: arrivo in aeroporto e partenza

Nelle ultime ore a nostra disposizione in terra uzbeka, abbiamo prima portato la jeep in concessionaria e poi ci siamo fatti accompagnare in aeroporto da un’auto di cortesia come da accordi stretti in precedenza. All’interno del parcheggio dell’aeroporto abbiamo smontato le mtb e le abbiamo ricaricate nello scatolone e, proprio come all’andata in quel di Malpensa, abbiamo perso circa due ore a causa di problemi burocratici dovuti al fatto che la compagnia di volo non avesse mai avuto a che fare con pacchi del genere.

Saliti finalmente sull’aereo, saremmo giunti a Malpensa dopo sette ore e venti minuti di volo diretto, sognando di ripartire per nuove simili esperienze al più presto!

Note importanti per un viaggio in Uzbekistan

  • Cibo. La cipolla è alla base della cucina uzbeka. Mangerete spesso anche pomodori, carote gialle, cetrioli, riso, carne di montone, pane, meloni e angurie. I piatti principali sono: shashlikh (spiedini di carne di montone), plov (riso pilaff con carne fritta bollita, cipolle, carote, uva passa, mele cotogne e piselli), samsa (fagottino di pasta sfoglia ripieno di carne, cipolle e verdure), lagman (brodo con noodle e verdure) e manty (ravioloni ripieni di carne e cipolle). La bevanda caratteristica è il tè.
  • Guida. Attenzione al traffico! Gli uzbeki (guida a destra come noi) superano indifferentemente a destra e a sinistra e si immettono spesso ad alte velocità da stradine secondarie. I TIR stanno talvolta in corsia di sorpasso a velocità inferiori ai 30 km/h in “autostrada” e le strade sono estremamente rovinate (esclusa Tashkent e dintorni). Per quest’ultimo motivo è fondamentale essere muniti di mezzi resistenti.
  • Limiti di velocità. In “autostrada” il limite max è di 120 km/h, mentre in città è di 50 km/h. Attenzione poiché qui è pressoché inesistente la cartellonistica e quindi, convinti di essere ancora in “autostrada”, potreste invece essere su una “provinciale” con limite a 70 o 90 km/h e qui non credo che sia tanto facile effettuare un ricorso contro le multe.
  • Religione. In Uzbekistan vige un Islàm moderato.
  • Curiosità. Le auto sono esclusivamente Chevrolet, per lo più di colore bianco. Inoltre, per mangiare, vengono usati solo cucchiaio e forchetta (solo una volta abbiamo trovato un coltello). L’Uzbekistan, assieme al Liechtenstein, è l’unico stato al mondo “doppiamente senza sbocco sul mare”. Oltre infatti a non essere bagnato dal mare, è circondato da stati a loro volta senza sbocco sul mare.
  • Lingua. Il russo è l’idioma nazionale, mentre l’inglese viene parlato quasi esclusivamente nelle zone turistiche.

Uzbekistan Bike Tour: i ringraziamenti

Per questo viaggio ringraziamo principalmente VELORUM, azienda di abbigliamento bici con sede a Milano in via Solari 32, a cui dobbiamo le splendide magliette indossate lungo il tour.

Inoltre porgiamo uno speciale ringraziamento anche a:

  • ASD Fondocorsa, il team di ciclismo fondato da Marcello Vaglia qualche anno fa a Milano
  • Www.ayimtour.com (Karakalpakstan Travel Agency), le guide della zona tra Moynaq e Aral
  • BC Bike di Cles per avermi fornito la mountain bike da enduro (una Santa Cruz Butcher) e per la bella amicizia consolidata in questi anni
  • Predaia Bike Team e Nicola Sicher per il supporto morale

Ambasciata d’Italia a Tashkent

  • Ulitsa Yusuf Xos Xodjib, 40 (100031, Tashkent)
  • Tel: 00998 – 7125211 – 19 (oppure 20/21/23)

Per maggiori info (passaporto, patente internazionale, valuta, fuso orario, zone da evitare …), visita il sito web Viaggiaresicuri.it.

Nella speranza di potervi narrare al più presto qualche altra avventura epica, mi auguro di avervi entusiasmato e di avervi fatto per qualche minuto sognare di essere assieme a noi sulle montagne di Chimgan, nel fiabesco complesso del Registan a Samarcanda, nell’antica Bukhara, a Moynaq e dinnanzi al surreale scenario del lago di Aral.

Leggi anche i resoconti sul nostro splendido viaggio tra Palestina, Israele e Giordania e sui tour nei Paesi Bassi e in Polonia.

Riccardo Tempo

20 pensiero su “Uzbekistan in bici: in mtb alla scoperta di questo Paese dell’Asia”
  1. Complimenti!
    Mi avete coinvolto intensamente in questo vostro straordinario viaggio così ben descritto.
    Un tour da favola.

  2. Meraviglioso e complimenti ai 3 partecipanti. Che coraggio avventurarsi in un tale viaggio ma le esperienze narrate hanno senz’altro ricompensato i vostri sforzi.

  3. Complimenti per il vostro spirito di avventura e x essere viaggiatori e non turisti, molto interessante l’ itinerario descritto, l’ Uzbekistan è una delle mete desiderate, ma non in bici, xro’ inoltro questo vostro viaggio ad appassionati di turismo in bicicletta!!!

  4. […] Durante la pausa pranzo, in un’area picnic, è stata invece l’ora degli ippopotami. Uno era sdraiato sull’erba davanti a noi a prendere il sole, mentre gli altri sono rimasti nell’acqua per tutto il tempo. Pius ci ha poi portati anche al limitrofo lago salato, dove erano presenti numerosi fenicotteri rosa (da me già ammirati durante il viaggio in Uzbekistan). […]

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