La gara a tappe di ciclismo più celebre al mondo è il Tour de France, nato in sordina nel 1903 ed entrato sempre più nel cuore del pubblico francese e mondiale anno dopo anno.
La “Grande Boucle” non presenta certamente un percorso duro e vario come quello del Giro d’Italia né si disputa nelle condizioni climatiche estreme della bollente Vuelta di Spagna, però è riuscita a guadagnare un fascino inarrivabile grazie a operazioni di marketing oculate e su larga scala. Per questo motivo, luoghi quali il Mont Ventoux, l’Alpe d’Huez, il Col du Galibier, i Campi Elisi a Parigi, il Col du Tourmalet e tanti altri ancora hanno raggiunto una fama clamorosa, al punto da essere fra gli obiettivi di ogni ciclista amatoriale almeno una volta nella vita.
Oggi il Tour de France è sinonimo di business a livello globale, con una folla quotidiana di decine di migliaia di spettatori lungo le strade, dal paesino di campagna alla mitica vetta sulle Alpi o sui Pirenei.
Si dice da sempre, anche con un pizzico di invidia da parte di noi italiani, come il Tour sia avvantaggiato dal fatto che si disputi a luglio, mese in cui i lavoratori francesi sono in vacanza, mentre durante il Giro d’Italia (maggio) un pubblico del genere non sia possibile proprio per motivi di lavoro. Lasciando perdere questi campanilismi, immergiamoci ora nella storia del Tour de France, ripercorrendo le vicende più importanti dal trionfo dello spazzacamino valdostano Maurice Garin nel 1903 ai giorni d’oggi.
E l’Italia? Sì, parleremo spesso anche dei ciclisti italiani, più volte protagonisti sulle strade di Francia sin dai tempi di Ottavio Bottecchia, corridore friulano invincibile nel 1924 e 1925, passando poi per Gino Bartali, Fausto Coppi, lo sfortunato Fiorenzo Magni, Nencini, Gimondi, Pantani, Nibali e non solo.
Storia Tour de France 1903 – 1914: Garin e le prime salite
I primi anni del Tour de France, corsa a tappe di ciclismo ideata dall’ex detentore del record dell’ora Henri Desgrange, videro al via pochi ciclisti impegnati in tappe massacranti senza alcun tipo di assistenza tecnica. L’edizione del 1903 venne suddivisa in sei tappe, intercalate da uno a quattro giorni di riposo e, come già ricordato, fu portata a casa dall’italiano naturalizzato francese Maurice Garin, di professione spazzacamino. Questi distaccò i connazionali Pothier e Augereau rispettivamente di 2h59’21” e 4h29’34” in classifica generale, cioè i margini più ampi nella storia della gara.

Al Tour del 1904 vennero invece squalificati i ciclisti giunti ai controlli fuori tempo massimo, mentre nel 1905 avvennero due fatti importanti, cioè l’abolizione delle tappe notturne e la scalata delle prime salite (Ballon d’Alsace e colle dei Leffrey). Al Tour de France 1906 fu invece inaugurata la “Flame Rouge” (bandiera di segnalazione dell’ultimo km), mentre nel 1907 avvenne il primo sconfinamento in Germania, con passaggio nell’allora tedesca Metz (la Lorena non era ancora stata annessa alla Francia). Il nostro Eberardo Pavesi, pioniere agli albori del ciclismo, riuscì a concludere sesto proprio nel 1907, stagione in cui trionfò per la prima volta il transalpino Lucien Petit-Breton, vera e propria icona della corsa gialla, il quale avrebbe concesso il bis nel 1908 (quinto Luigi Ganna).
Nel 1909 ci fu invece il primo successo in classifica generale di uno straniero grazie al lussemburghese François Faber, già secondo nel 1908, mentre il 1910 fu bagnato dalla prima vittoria di tappa di un italiano per merito dell’altissimo Ernesto Azzini, soprannominato “El du meter”. In quella stessa edizione furono scalati per la prima volta le mitiche vette pirenaiche dell’Aspin, Aubisque, Peyresourde e Tourmalet oltre all’introduzione del servizio “scopa” a fondo gruppo. Nel 1911 fu invece affrontato il col du Galibier, nel 1912 i ciclisti “isolati” (cioè non appartenenti ad alcun team) furono classificati a parte, mentre dal 1912 al 1914 ci fu un tris consecutivo di successi finali a opera del Belgio , poi proseguito nel dopoguerra dal 1919 al 1922. L’ultima curiosità di quel periodo riguarda Henri Cornet il quale, grazie alla vittoria al Tour de France nel 1904, sarebbe stato il più giovane campione di sempre con i suoi venti anni. Dal 1915 al 1918 la manifestazione venne soppressa a causa dello svolgimento della Prima Guerra Mondiale.
Storia Tour de France 1919 – 1939: da Bottecchia a Bartali
Dopo il termine della Prima Guerra Mondiale, il Tour ritornò subito nel cuore dei francesi, mentre alcuni corridori diedero il là ad alcune proteste storiche contro gli organizzatori a causa della durezza estrema delle tappe e dell’impossibilità di assistenza tecnica. Questa situazione venne descritta dettagliatamente dal giornalista-fotografo Albert Londres, il quale raccolse le drammatiche testimonianze dei fratelli Pelissier nel libro “Les forçats de la route. Tour de France, tour de souffrance”, in cui i ciclisti furono paragonati ai condannati ai lavori forzati delle colonie penali francesi d’oltremare. Tornando alla corsa in sé, nel 1919 nacque la maglia gialla, indossata per la prima volta da Eugene Christophe e nella stessa edizione furono garantiti anche i primi rifornimenti.
Nel 1922, anno d’oro per il belga Firmin Lambot, fu scalato il col d’Izoard, nel 1923 furono assegnati gli abbuoni all’arrivo, nel 1930 fu creata la celeberrima carovana pubblicitaria e nel 1933 cominciò la storia del Gran Premio della Montagna oltre alla prima cronometro (semitappa) di sempre. L’epopea azzurra incominciò nel 1923 grazie al secondo posto di Ottavio Bottecchia, poi primo nel 1924 e 1925. Bartolomeo Aymo giunse invece terzo sia nel 1925 sia nel 1926, mentre Giuseppe Pancera e la “Locomotiva umana” Learco Guerra chiusero secondi rispettivamente nel 1929 e nel 1930.

Fra il Tour del 1931 e quello del 1932 il toscano Raffaele Di Paco dominò ben nove tappe (più altre due nel 1935), mentre in classifica generale emersero Antonio Pesenti (terzo nel 1931), Francesco Camusso (idem nel 1932), il solito Guerra (secondo anche nel 1933), Giuseppe Martano (terzo nel 1933 e secondo nel 1934), Ambrogio Morelli (secondo nel 1935) e Mario Vicini (idem nel 1937). Fra i corridori delle altre nazioni, il Tour de France incoronò invece ai massimi livelli Henri Pelissier (1923), Nicolas Frantz (1927/28), André Leducq (1930 e 1932) e Sylvère Maes (1936 e 1939), senza scordare l’antico belga Philippe Thijs al tris (primo nella storia) nel 1920 dopo le vittorie del 1913 e 1914.
Manca però ancora un fatto fondamentale di quest’epoca, cioè l’inizio del mito in terra francese di Gino Bartali il quale, dopo aver primeggiato al Giro d’Italia nel 1936 e nel 1937, dominò il Tour del 1938, infliggendo 18’27” al belga Felicien Vervaecke. Ginettaccio vinse prima l’undicesima frazione da Montpellier a Marsiglia e poi concesse il bis alla quattordicesima da Digne a Briançon, dove conquistò la sua prima maglia gialla in carriera (mantenuta fino all’arrivo di Parigi). Ecco infine qualche curiosità. Al Tour del 1924 il nostro Ottavio Bottecchia vestì la maglia gialla dal primo all’ultimo giorno, mentre la tappa più lunga di quell’edizione fu l’infinita Les Sables d’Olonne-Bayonne di 482 km. Nel 1936, invece, la direzione del Tour de France passò da Desgrange a Jacques Goddet, patron della gara fino al 1986. Dal 1940 al 1946 la corsa fu soppressa a causa della Seconda Guerra Mondiale.
Storia Tour de France 1947 – 1964: Coppi, Bartali e Anquetil
Il dopoguerra coincise con l’era dei duelli più emozionanti della storia del ciclismo e, di conseguenza, anche di quella del Tour de France. Nel 1947 vinse “Testa di vetro” Jean Robic, ma i momenti clou avvennero fra il 1948 e il 1952, con italiani, svizzeri e francesi grandi protagonisti. Nel 1948 Gino Bartali realizzò la sua doppietta, rimontando l’enorme distacco in classifica da Louison Bobet fra la tredicesima e la quindicesima tappa, dominando le frazioni con arrivo a Briançon, Aix les Bains e Losanna. Secondo una leggenda alimentata dalla stampa dell’epoca, il ciclista fiorentino avrebbe salvato l’Italia da una possibile guerra civile grazie al suo trionfo poiché nel medesimo lasso di tempo era avvenuto l’attentato nei confronti del leader comunista Palmiro Togliatti a opera di Antonio Pallante.
Le vittorie di Gino avrebbero dunque distratto il popolo italiano da quell’episodio ma, in realtà, furono gli stessi capi politici di allora a cercare di calmare le acque per evitare nuove tragedie a poco tempo dalla fine della guerra mondiale. Il Tour de France 1949 fu invece dominato da Fausto Coppi, primo nella storia del ciclismo a realizzare la doppietta Giro-Tour nello stesso anno. In quell’occasione l’eterno Bartali concluse secondo, mentre fu l’unica volta in cui i tre azzurri più celebri, cioè Coppi, Bartali e Fiorenzo Magni, colsero almeno un trionfo di tappa all’interno della stessa edizione.

Magni che, nel 1950, fu costretto all’abbandono in maglia gialla poiché la nazionale italiana si ritirò prima della partenza della dodicesima frazione, dopo che Bartali aveva dichiarato di essere stato aggredito da alcuni spettatori francesi il giorno precedente. Fiorenzo lasciò così il via libera al dominio dello svizzero Ferdi Kübler, a cui succedette nell’albo d’oro il connazionale Hugo Koblet. L’Italia avrebbe però strappato lo scettro alla Svizzera già nel 1952 grazie al solito Fausto Coppi, edizione in cui esordirono montagne del calibro di Sestrière, Alpe d’Huez e Puy-de-Dome, mentre la prima del Mont Ventoux era andata in scena nel 1951.
Tra il 1948 e il 1952 la nazionale italiana vinse dunque tre edizioni del Tour de France per un totale di trentasei tappe (ben undici nel 1948). Anni irripetibili! Dopo il dominio nostrano, toccò al francese Louison Bobet, autore di una tripletta fra il 1953 e il 1955, mentre il 1957 salutò il primo dei cinque trionfi di Jacques Anquetil (vincitore poi dal 1961 al 1964). I due scalatori puri Charly Gaul e Federico Bahamontes si spartirono invece le edizioni del 1958 e 1959, mentre nel 1960 Gastone Nencini festeggiò a Parigi con Graziano Battistini secondo e Imerio Massignan miglior scalatore. Fra le curiosità, la prima partenza all’estero nella storia del Tour de France avvenne ad Amsterdam (Paesi Bassi) nel 1954, mentre il francese Jacques Anquetil conquistò tutte e nove le cronometro individuali (cronoscalate escluse) dal 1961 al 1964. Questi raggiunse il top durante la Bourgoin-Lione di 68 km al Tour 1962, quando alla media di 43,597 km/h rifilò 2’59” al possente italiano Ercole Baldini e 5’01” all’eterno piazzato Raymond Poulidor.
Storia Tour de France 1965 – 1977: gli anni di Gimondi e Merckx
Il Tour de France 1965 non vide al via il pluricampione Jacques Anquetil e il più lesto ad approfittarne fu il giovane italiano Felice Gimondi, primo a Parigi con 2’40” su Raymond Poulidor e 9’18” su Gianni Motta. Dopo i successi francesi del 1966 con Lucien Aimar e del 1967 con Roger Pingeon (terzo Franco Balmamion) e dell’olandese Jan Janssen nel 1968, dal 1969 iniziò un lungo dominio incontrastato a opera del belga Eddy Merckx, trionfatore per quattro anni di fila.

Al Tour 1969 vinse sei tappe (più la cronosquadre), precedendo addirittura l’azzurro Michele Dancelli di 7’56” nella frazione da Luchon a Mourenx e infliggendo 17’54” in classifica generale al secondo Roger Pingeon. Al Tour 1970 concluse invece a braccia alzate per ben otto volte (più la cronosquadre) precedendo l’olandese Joop Zoetemelk di 12’41” nella generale. Al Tour 1971 realizzò un poker di vittorie (più la cronosquadre) infliggendo 9’51” al solito Zoetemelk, mentre nel 1972 si impose in sei frazioni (più cronosquadre) sconfiggendo Gimondi di 10’41”.
Nel 1973 non si presentò al via, lasciando così via libera al trionfo dello scalatore spagnolo Luis Ocaña, mentre nel 1974 ritornò in auge grazie a otto successi di tappa (oltre alla cronosquadre) e 8’04” rifilati a Poulidor nella generale. L’epilogo del dominio di Merckx al Tour de France avvenne nel 1975 durante la quindicesima frazione di Nizza a Pra Loup, quando un pugno allo stomaco da parte di un “tifoso” francese lo lasciò senza fiato nel bel mezzo di una salita, permettendo così una facile vittoria al padrone di casa Bernard Thevenet, poi trionfatore anche a Parigi con 2’47” sul rivale. Da quel giorno, Merckx non avrebbe mai più vinto una tappa al Tour né indossato la maglia gialla, rivinta dallo stesso Thevenet pure nel 1977 dopo l’intermezzo del belga Lucien Van Impe nel 1976. Ecco qualche curiosità.
Nel 1975 venne introdotto l’arrivo ai Campi Elisi, tuttora vigente come passerella finale prima delle premiazioni, mentre fra i record assoluti di Eddy Merckx possiamo annoverare 115 giorni in maglia gialla, 34 vittorie di tappa e otto successi individuali in una singola edizione (come Charles Pelissier nel 1930 e Freddy Maertens nel 1976). Oltre a Gimondi, in quel periodo si misero in mostra anche altri italiani quali Marino Basso (sei tappe vinte), Franco Bitossi (quattro) e Francesco Moser (sette giorni in maglia gialla nel 1975).
Storia Tour de France 1978 – 1990: Hinault, Fignon e LeMond
Dopo le epoche di Anquetil e Merckx, nel 1978 cominciò l’era segnata dai trionfi del francese Bernard Hinault, nettamente superiore agli avversari a cronometro (recordman al Tour con venti crono vinte) e ottimo scalatore. Al Tour de France 1978, da esordiente, precedette l’eterno Zoetemelk di 3’56”, rifilandogli poi 13’37” al Tour 1979 e 6’21” al Tour 1982. Nel 1981 sconfisse invece Van Impe di 14’34”, mentre nel 1980 fu costretto ad abbandonare a causa di problemi fisici mentre era saldamente in maglia gialla, lasciando così l’unico trionfo in carriera proprio a Zoetemelk. Non presentatosi al via nel 1983, subì la più grande batosta della carriera al Tour 1984 a opera del campione in carica Laurent Fignon, dal quale si vide surclassato sia a crono sia in montagna per un distacco totale di 10’36” a Parigi. In quell’edizione, alle spalle di Fignon e Hinault, salì sul terzo gradino del podio il giovane americano Greg LeMond, poi secondo nel 1985 e primo nel 1986, 1989 (con soli 8” su Fignon) e 1990.

Proprio i duelli fra Hinault e LeMond rientusiasmarono la platea del Tour de France nel biennio 1985-1986, quando i due compagni di squadra alla La Vie Claire si diedero battaglia in più occasioni, tirando invece un po’ i freni in qualche altra in modo da favorire il compagno. Hinault avrebbe trionfato per l’ultima volta nel 1985, ritirandosi dopo il secondo posto nel 1986, mentre LeMond sarebbe rientrato alla Grande Boucle solo nel 1989, perdendo due edizioni a causa di un grave incidente di caccia. I Tour 1987 e 1988, orfani dei due storici rivali, andarono rispettivamente all’irlandese Stephen Roche e allo spagnolo Pedro Delgado, mentre l’italiano Claudio Chiappucci riuscì a chiudere secondo nel 1990.
Storia Tour de France 1991 – 1998: Indurain, Pantani e l’Epo
Tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta entrò nel mondo dello sport professionistico una sostanza la cui funzione, in realtà, sarebbe stata quella di evitare complicazioni renali ai malati di tumore. Stiamo parlando dell’eritropoietina, meglio conosciuta come Epo, assunta in dosi massicce soprattutto negli sport di resistenza, in primis nel ciclismo. Focalizzandoci esclusivamente sul Tour de France, le medie orarie salirono vertiginosamente e modesti gregari riuscirono a raggiungere improvvisamente i vertici, come per esempio il danese Bjarne Riis, passato dal centosettesimo posto nel 1991 al terzo nel 1995 e al primo nel 1996 proprio grazie all’assunzione di Epo.
Fra il 1991 e il 1995 risultò invincibile lo spagnolo Miguel Indurain della squadra Banesto, il quale pose fine all’era di Greg LeMond proprio al Tour 1991, trionfando a sorpresa davanti agli italiani Gianni Bugno e Claudio Chiappucci. I due azzurri tentarono di attaccarlo in ogni modo anche nel 1992, ma il divario a cronometro era troppo ampio e dunque si dovettero riaccontentare del podio a piazzamenti invertiti con Chiappucci in maglia a pois (miglior scalatore) per il secondo anno di fila.
Lo svizzero Tony Rominger riuscì invece a battere il navarro in una crono al Tour 1993, concludendo però secondo nella generale distaccato di 4’59”, mentre il lettone Piotr Ugrumov e il giovane scalatore italiano Marco Pantani lo misero un po’ in difficoltà nel 1994, terminando rispettivamente secondo e terzo a Parigi. Dopo avere subito pesanti distacchi nella prima metà della corsa a causa di problemi fisici, Pantani staccò nettamente Indurain in salita al Tour 1995 nelle tappe trionfali dell’Alpe d’Huez e di Guzet Neige, ma questi non ebbe comunque alcun problema a conquistare il suo quinto successo consecutivo.

Il “mutante” Bjarne Riis si impose invece nel 1996, succeduto dal bionico tedesco Jan Ullrich nel 1997 e dal romagnolo Marco Pantani nel 1998. Proprio nel 1998, Pantani riuscì a battere l’apparentemente inarrivabile Ullrich grazie a uno scatto bruciante sul Col du Galibier durante una giornata fredda e piovosa, tagliando poi il traguardo di Les Deux Alpes con 8’58” di vantaggio sull’esausto rivale. Furono anni difficili, pieni di casi legati all’assunzione di doping e di squalifiche eclatanti come quella della squadra Festina-Lotus nel 1998, senza dimenticare il drammatico incidente sulla discesa del Portet d’Aspet in cui perse la vita Fabio Casartelli al Tour del 1995.
Storia Tour de France 1999 – 2011: da Armstrong a Contador nel segno delle squalifiche per doping
Dopo Indurain e Ullrich, il Tour de France ritrovò il proprio marziano in Lance Armstrong, passistone americano divenuto imbattibile a crono e in salita dopo essere stato salvato da un tumore ai testicoli e in seguito radiato dall’USADA (United States Antidoping Agency) per motivi legati al doping. Escludendo la leggera flessione del 2003, in cui riuscì comunque a primeggiare, dal 1999 al 2005 inflisse pesanti distacchi agli avversari, andando in crisi soltanto sulla salita di Courchevel al Tour 2000 in seguito a un attacco del solito Marco Pantani. Nel 2005 invece dovette faticare incredibilmente per restare alla ruota dell’altro italiano Ivan Basso in salita, pur riuscendo a vincere per la settima volta consecutiva a Parigi.
Ritiratosi al termine di quell’edizione, gli successe nell’albo d’oro il carneade Oscar Pereiro Sio, bravo a sfruttare il vantaggio accumulato sui big in una fuga bidone e classificato primo dopo la squalifica per doping dell’iniziale vincitore Floyd Landis. Prima della partenza vennero inoltre fermati il favorito Ivan Basso e Jan Ullrich in seguito all’indagine denominata Operacion Puerto, grazie a cui fu scoperchiata una parte della rete doping facente capo al medico spagnolo Eufemiano Fuentes. Doping a causa di cui venne squalificato anche il danese Michael Rasmussen, dominatore nel 2007 fino alla sedicesima tappa, dopo di cui andò in testa il giovane spagnolo Alberto Contador. Al Tour 2008, vinto dallo spagnolo Carlos Sastre, furono invece espulsi per gli stessi motivi gli scalatori italiani Leonardo Piepoli e Riccardo Riccò, mentre il 2009 vide il bis di Contador sul lussemburghese Andy Schleck e sul redivivo Armstrong.

Il Tour de France 2010 fu assegnato ad Andy Schleck dopo la squalifica per doping di Contador, mentre nel 2011 si impose l’australiano Cadel Evans. In seguito alla confessione sull’assunzione di sostanze dopanti, a Lance Armstrong sarebbero stati cancellati i sette successi dal 1999 al 2005 e il terzo posto del 2009, ma nessuno di questi fu riassegnato ai suoi avversari.
Storia Tour de France 2012 – 2023: Wiggins, Froome, il lampo di Nibali, Thomas, Bernal, Pogacar e Vingegaard
Il Tour de France 2012 vide un ricambio generazionale ai vertici e rappresentò il via al dominio assoluto dei ciclisti britannici del Team Sky. Nell’edizione 2012 il pistard Bradley Wiggins si trasformò in imbattibile cronoman e provetto scalatore, precedendo in classifica generale il compagno Chris Froome e l’italiano Vincenzo Nibali, unici vincitori fra il 2013 e il 2017. Froome avrebbe infatti vinto nettamente nel 2013, 2015, 2016 e 2017, mentre il ciclista siciliano avrebbe trionfato nel 2014. Nel 2018 e 2019 ancora due successi Ineos-Sky, rispettivamente con l’ex pistard Geraint Thomas e con lo scalatore colombiano Egan Bernal, mentre il 2020 e 2021 ha visto l’accoppiata di Tadej Pogacar, giovane sloveno in forza al team UAE Emirates. Quest’ultimo ha concluso invece secondo nel 2022 e nel 2023, in entrambe le occasioni alle spalle del danese Jonas Vingegaard, al termine di un duello spettacolare.

Al loro fianco, in queste ultime stagioni, sono salite in cattedra anche nazioni quali Colombia e Francia grazie ai podi ottenuti da Nairo Quintana, Rigoberto Uran, Jean-Christophe Peraud, Thibaut Pinot e Romain Bardet. In volata si sono invece messi in luce l’inglese dell’isola di Man Mark Cavendish, il possente tedesco Marcel Kittel e il plurivincitore della classifica a punti Peter Sagan, slovacco iridato su strada nel 2015, 2016 e 2017. Oltre al trionfo di Nibali nel 2014 (terzo inoltre nel 2012 e quarto nel 2015), il ciclismo italiano ha trovato un uomo di classifica anche nel sardo Fabio Aru, quinto assoluto nel 2017 dopo avere indossato maglia gialla, maglia a pois e vinto la tappa con arrivo in salita a La Planche des Belles Filles.
Note
La maglia gialla va al leader della classifica generale, la maglia a pois al primo nella classifica del Gran Premio della Montagna, la maglia verde al leader della classifica a punti, la maglia bianca al migliore under 26 nella generale e il numero rosso al ciclista più combattivo della tappa precedente.
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