Quando un ciclista giunge in vetta al passo del Gavia, si rende conto di avere compiuto una vera e propria impresa, qualunque sia il suo grado di allenamento.
Io, in compagnia del vecchio amico Marcello Vaglia, ho raggiunto la cima della leggendaria salita del passo Gavia in sella alla mia bici da corsa per la quinta volta in assoluto durante il pomeriggio di venerdì 25 agosto 2017.
Intorno alle 14.30, in una giornata piuttosto soleggiata e con temperature ideali per pedalare su una simile ascesa, siamo partiti dai 1.225 di altitudine di Bormio ben consapevoli dello sforzo da affrontare.
Accompagnati dal piacevole fruscio del torrente Frodolfo sul lato destro e incantati dal panorama circostante della Valfurva, abbiamo superato il cartellone d’ingresso a Santa Caterina Valfurva in poco meno di 44 minuti.
Poi, dopo aver attraversato il paesino in cui crebbe l’ex campionessa olimpica di sci alpino Deborah Compagnoni, siamo arrivati al piccolo tunnel da cui parte la seconda temutissima metà del passo Gavia.
Qui ci siamo salutati in modo che ognuno proseguisse la salita al proprio ritmo, per poi ritrovarci al traguardo in prossimità del Rifugio Bonetta a quota 2.652 metri di altitudine.
Marcello, sulla sua vecchia bici da corsa in alluminio da oltre 10 kg di peso, ha concluso il proprio sforzo in 1h54′, mentre io ho terminato in 2h13′ con la mia bdc da circa 9,5 kg munita di freni a disco.
Una faticaccia, contornata però da un piacevole e caldo tè al Bonetta e dalle foto di rito prima di ripartire in vista della tosta discesa su strada piuttosto rovinata verso Bormio.
Adesso, prima di passare alle tabelle dati (lunghezza, pendenza media e max, dislivello sia da Bormio sia da Ponte di Legno) e a una breve storia di questa mitica montagna durante i passaggi del Giro d’Italia, andiamo a vedere qualche consiglio tecnico in modo da affrontare al meglio sia la salita sia la discesa del Gavia dal lato di Bormio.
Ecco qui intanto lo speciale su tutte le salite da fare a Bormio in bdc.
Salita Gavia in bici da corsa, i nostri consigli
Consultato il meteo e verificato lo “stato di salute” della vostra bicicletta, sarete pronti a partire per il passo Gavia.
Essendo l’arrivo a quota 2.652 metri di altezza, non dimenticatevi mai di portarvi dietro una giacca termica piuttosto che un k-way di buona qualità.
Inoltre, vista la notevole lunghezza della salita (circa 25 km) nonché il cospicuo dispendio energetico, mettete in tasca anche qualche barretta e versate una bustina di sali minerali nella borraccia.

Spostiamoci ora sull’aspetto pratico. Una volta usciti da Bormio, i primi km presentano pendenze molto irregolari, passando da una rampetta oltre il 10% in prossimità di Uzza a un tratto successivo addirittura in leggera discesa.
Qui vi verrà sicuramente voglia di spingere rapporti piuttosto duri e “scannare” a tutta, ma ricordatevi come manchi ancora molta strada e come sia inutile disperdere energie preziose in questo tratto.
Terminata questa sorta di passerella iniziale (dopo Uzza e la sua splendida chiesetta di San Rocco, supererete anche San Nicolò e Sant’Antonio), comincia la salita vera e propria con pendenze discrete fino a Santa Caterina Valfurva.
In questi sette km andate in progressione senza tentare alcuno scatto o cambi di ritmo improvvisi, dato che il difficile giungerà ben più tardi.
Una volta arrivati nella bella Santa Caterina Valfurva, celebre meta turistica invernale grazie alle sue piste da sci alpino e sci di fondo nonché per l’organizzazione di una tappa di coppa del mondo di sci alpino, avrete qualche minuto per rifiatare e magari mangiare una barretta energetica prima di raggiungere il breve tunnel da cui inizia “il vero Gavia”.
A meno che non abbiate già speso tutto in precedenza oppure non siate particolarmente in forma, non troverete evidenti difficoltà nei primi tre chilometri, mentre poi… vi auguro di avere una guarnitura compact (con il 34 o il 36 davanti e possibilmente una cassetta da 32 dietro) o in alternativa gambe pazzesche e fiato in abbondanza.
Il tratto di qualche centinaio di metri in prossimità del diciassettesimo km fa infatti paura e, pur essendo un rapporto quasi da mtb, non rimpiango di averlo potuto pedalare con un agile 34-32 a fronte del terribile 39-25 utilizzato da Marcello.
Terribile poiché ricordo ancora come nel 2016, spingendo un 39-26 in sella alla mia vecchia bici da corsa, riuscissi a completare una pedalata “più o meno ogni mezz’ora“.
Al termine di questa rampa degna delle pendenze infernali del poco distante Mortirolo, è presente un breve tratto un po’ più dolce prima che dobbiate nuovamente alzarvi sui pedali nei pressi della “zona delle rocce”, riconoscibile grazie alla presenza di imponenti pareti rocciose sulla destra e affiancata dal corso del torrente Rezzalasco.
In questa fase, con punte di nuovo oltre il 10% di pendenza massima, dovrete dare fondo alle vostre energie residue, pensando come il traguardo sia ormai piuttosto vicino (e gli ultimi due km abbastanza abbordabili).
La visione del Rifugio Berni, posto a circa 2.560 metri di altitudine e a più o meno duemila metri dalla fine, porrà fine alle vostre sofferenze.
Da qui infatti troverete pendenze più lievi e avrete addirittura la possibilità di inserire il plateau grande (cioè la corona da 50, 52 o 53 denti) davanti in certe occasioni.
Lo splendido Lago Bianco sul lato sinistro rappresenta i meno duecento metri all’arrivo del Gavia, sulla cui vetta è presente il Rifugio Bonetta a destra e una palazzina dell’oratorio Sacro Volto di Milano sulla sinistra.

I più allenati e resistenti a una tale fatica non dovrebbero avere alcun problema a terminare sotto le due ore, mentre per tutti gli altri (me compreso) ci vorrà qualche minuto in più.
Dopo un po’ di relax, qualche foto e due chiacchiere scambiate con i cicloturisti stranieri, sarete pronti per affrontare l’ostica discesa.
Ecco qui il nostro test sulla bici da corsa Cube Attain SL Disc, modello con cui ho affrontato questa giornata sul Gavia.
Discesa Gavia in bici da corsa, i nostri consigli
Dal Rifugio Bonetta posto sulla cima al Rifugio Berni non dovrete stare particolarmente attaccati ai freni, viste le pendenze non irresistibili.
Ponete comunque attenzione alla strada stretta e un po’ rovinata e alla mancanza di qualsiasi tipo di protezione sul lato destro oltre a qualche automobilista non troppo abile a guidare in montagna.

Una volta superato il Berni, la velocità aumenta nettamente fino all’ingresso a Santa Caterina. State sempre attenti a frenare in tempo poiché anche un piccolo errore potrebbe costarvi caro.
Dopo S. Caterina Valfurva la strada si allarga, mentre la presenza di piccole e pericolose buche non cessa più di tanto rispetto al pezzo precedente.
A S. Antonio rallentate assolutamente durante il breve tratto in pavé, così come in prossimità della strettoia di Uzza subito prima della chiesa di San Rocco.
Rientrati a Bormio dopo circa 35-40 minuti di discesa, potrete dire di avere realmente terminato il giro del passo Gavia in bici.
Salita Gavia, tabella dati: altimetria, pendenza, lunghezza e dislivello
Ecco a voi la tabella con i dati riguardanti lunghezza, pendenza media, pendenza massima e dislivello della salita del passo Gavia da Bormio (paragrafo uno), Santa Caterina Valfurva (paragrafo due) e Ponte di Legno (paragrafo tre).
Come punto di riferimento abbiamo preso i numeri ufficiali riportati dal sito specializzato climbbybike.com, leggermente diversi rispetto a quelli di Strava o di altri sistemi GPS (su altre salite sono più concordanti, mentre sul Gavia nessuno è uguale a un altro).
Gavia da Bormio bici corsa: altimetria, lunghezza, pendenza media e max, dislivello
- Lunghezza: 25,6 km
- Dislivello: 1.404 metri (Bormio 1.217 metri – cima Gavia 2.621 metri)
- Pendenza media: 5.5%
- Pendenza max: 15%

Gavia da Santa Caterina Valfurva bici corsa: lunghezza, pendenza media e max, dislivello
- Lunghezza: 13,5 km
- Dislivello: 887 metri (S. Caterina V. 1.734 m – cima Gavia 2.621 m
- Pendenza media: 6,5%
- Pendenza max: 15%
Gavia da Ponte di Legno bici corsa: altimetria, lunghezza, pendenza media e max, dislivello
- Lunghezza: 17,3 km
- Dislivello: 1363 metri (Ponte di Legno 1.258 m – cima Gavia 2.621 m)
- Pendenza media: 7,9%
- Pendenza max: 16%

Passo Gavia al Giro d’Italia, la storia dal 1960 a oggi
Sulla cima del passo Gavia è presente una costruzione in legno inaugurata l’8 giugno 1996, su cui sono state incise alcune parole in ricordo dello storico direttore del Giro d’Italia Vincenzo Torriani, grazie a cui questa salita fu scalata per la prima volta nel 1960.
In quell’occasione passò per primo in vetta il grimpeur italiano Imerio Massignan durante la ventesima tappa da Trento a Bormio di 229 km. Il vicentino avrebbe però poi forato per ben due volte in discesa, lasciando successo parziale e terzo posto in classifica generale al lussemburghese Charly Gaul.
L’anno seguente, con la strada ancora sterrata in diversi tratti, il passaggio sul Gavia fu annullato a favore dello Stelvio a causa della neve.
Per ben ventisette anni i corridori della “Corsa Rosa” non sarebbero poi più saliti da queste parti fino a quando… una incredibile bufera di neve fece entrare nel mito sportivo la tappa del 5 giugno 1988 da Chiesa di Valmalenco a Bormio.
Quegli interminabili 120 km, decisivi per l’assegnazione del Giro d’Italia 1988, videro il passaggio in testa al Gavia dell’olandese Johan van der Velde, poi costretto a fermarsi in un camper lungo la discesa a causa di un principio di congelamento e giunto al traguardo a ben 46’49” dal leader di giornata.
Il successo di tappa fu invece ad appannaggio dell’altro tulipano Erik Breukink (Panasonic), il quale precedette sul traguardo di Bormio l’americano Andrew “Andy” Hampsten (7-Eleven), poi maglia rosa finale, di soli sette secondi.

Nuovamente annullato il passaggio in vetta nel 1989 a causa di pessime condizioni meteo (per la gioia dei ciclisti dopo “l’inferno” del 1988), Gavia e Giro d’Italia si riabbracciarono nel 1996 durante la Cavalese – Aprica di 250 km.
Lo scalatore colombiano Hernán Buenahora vinse il prestigioso Gran Premio della Montagna (GPM), mentre la frazione vide il trionfo dell’azzurro Ivan Gotti nel Giro dominato dal russo Pavel Tonkov.
Così come nel 1988, anche la tappa del 1999 comprendente il Gavia entrò nella storia del Giro d’Italia e del ciclismo in generale, seppur per motivi diversi.
La mattina del 5 giugno 1999, esattamente undici anni dopo la spaventosa bufera di neve in cui si esaltarono i ciclisti olandesi, Marco Pantani fu allontanato dalla manifestazione a causa di un tasso di ematocrito superiore ai limiti del regolamento (52% contro una soglia max del 50%), perdendo così la maglia rosa a favore del “Falco” Paolo Savoldelli.
Lungo i 190 km della Madonna di Campiglio – Aprica (con passaggi su Tonale, Gavia, Mortirolo e Aprica) emersero scalatori puri quali Roberto Heras (primo), Gilberto Simoni (secondo) e Ivan Gotti (terzo nonché futuro vincitore del Giro ’99), mentre il colombiano Chepe Gonzalez giunse in testa al GPM del Gavia.
La Selva di Val Gardena – Bormio (203 km) al Giro d’Italia 2000 vide la doppietta sul Gavia di Chepe Gonzalez, mentre la tappa fu conquistata allo sprint dal trentino Gilberto Simoni su Eddy Mazzoleni e Francesco Casagrande.

La Cles – Bormio 2000 al Giro d’Italia 2004 rappresentò un altro momento memorabile, suggellato dal netto trionfo della maglia rosa Damiano Cunego a cui seguirono le accuse dell’ex capitano Gilberto Simoni. In quel caso il GPM fu vinto dal croato Vladimir Miholjevic.
Non fu da meno la Trento – Aprica (212 km) al Giro d’Italia 2006, in cui svettò per primo sul Gavia lo spagnolo Juan Manuel Gárate, mentre la tappa andò a Ivan Basso.
Il varesino, poi vincitore del Giro 2006, rifilò pesanti distacchi ai rivali e uno di questi, il trentino Gilberto Simoni, lo accusò di avergli chiesto una somma in denaro in cambio del successo parziale (ritrattando poi la propria versione dinnanzi ai giudici).
Simoni fu poi ancora protagonista lungo la Rovetta – Tirano (224 km) al Giro d’Italia 2008, terminando secondo a 1’04” da Emanuele Sella. Sul Gavia transitò in testa il messicano Julio Alberto Pérez Cuapio.
Lo svizzero Johann Tschopp passò invece per primo al GPM sul Gavia al Giro d’Italia 2010, andando poi anche a conquistare il trionfo nella Bormio – Ponte di Legno – Tonale di 178 km. Alle sue spalle chiusero l’australiano Cadel Evans a 16″ e la maglia rosa finale Ivan Basso a 25″.
Il Giro d’Italia 2014 vide infine il passaggio in cima da parte del colombiano Robinson E. Chalapud Gomez durante la Ponte di Legno – Val Martello di 139 km, decisiva per l’assegnazione del trofeo finale a Nairo Quintana.
Questi precedette all’arrivo il canadese Ryder Hesjedal di 8″ e il francese Pierre Rolland di 1’13”.

Possiamo dunque definire il Gavia come una salita magica per i ciclisti colombiani, mentre l’unico transito in vetta da parte di un italiano al comando resta quello di Imerio Massignan nel 1960.
Che si tratti comunque di Giro d’Italia o di un giro tra amici, il Gavia resta uno dei luoghi più celebri del ciclismo mondiale, ascesa simbolo della Lombardia e della Valtellina assieme a Stelvio e Mortirolo.
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Quante informazioni e quanta storia.
La descrizione dell’ascesa al Gavia mi è molto piaciuta.
Giornalista molto competente: complimenti!
Alfredo
Grazie mille Alfredo!
Leggendo l’articolo sembra quasi di esserci stati! Peccato che non sono così sportiva da avventuramici in bici.
In effetti il Gavia è una salita molto tosta da affrontare in bici, ma anche una bella escursione a piedi risalendo dal torrente Rezzalasco fino alla cima non sarebbe niente male. Grazie! 😉
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